"Roma, 23 settembre 2008
Gentile Ministro,
sono la Dirigente scolastica di una scuola Primaria di Roma, la "Iqbal Masih", ormai vicina all'età della pensione.
Assisto con vera angoscia alla morte annunciata della scuola del Modulo e del Tempo Pieno.
Questa scuola Elementare riformata noi "anziani" maestri l'abbiamo costruita giorno per giorno.
Partivamo,è vero,da una scuola che già funzionava con buoni risultati, ma che si trovava a far fronte,per prima fra tutti gli ordini,a nuove sfide e poblemi:l'inserimnto dei disabili,l'integrazione in tempi brevi di massicce quote di alunni immigrati,la progressiva crisi delle famiglie e dei contesti sociali,l'emergere di nuove forme di povertà e marginalità.
Contemporaneamente eravamo chiamati a sotenere l'impatto con la società multimediale,ove,intorno agli alunni,un grande e vorticoso rumore mediatico proveniente da un orizzonte globalizzato sostituiva la calma lenta del fiume del tempo e il ricorso rassicurante degli eventi familiari.
Sono entrati,fra gli alfabeti in cui istruire gli alunni,quelli delle immagini, dei suoni, del movimento.
Si sono dilatati gli spazi geografici e gli orizzonti storici, mitologie di popoli lontani si sono aggiunte a quelli a noi consuete, abitudini e culture diverse sono improvvisamente diventate contigue, prima attraverso il telecomando TV, poi con la presenza fra noi di nuovi cittadini,di colore diverso e che parlavano tante lingue e portavano fra noi storie di viaggi,gioie e fatiche,speranze e sogni da realizzare insieme a noi e ai piccoli compagni italiani.
La scuola è diventata fucina di nuova cittadinanza e presidio prioritario per prevenire razzismi, egoismi, separazioni, emarginazioni.
Per fare tutto questo occorreva tempo, tempo, tempo...
Tempo per ascoltare tutti i bambini, accogliere le loro ansie e la loro curiosità, aiutarli a "raffreddare" le esperienze e a mettere ordine e dare senso all'enorme quantità di nuove conoscenze ed esperienze che quotidianamnte andavano facendo.
Tempo di ascolto dei genitori.
Tempo per lo scambio comunicativo fra gli alunni, perchè potessero apprezzare le diversità di pensiero e di atteggiamenti presenti nelle classi e crescere attraverso il confronto.
Per fare tutto questo occorrevano anche tante competenze diverse, che non potevano essere patrimonio di un unico maestro, per quanto colto e dotato di buon afflato pedagogico.
Ma questi maestri, a cui si chiedeva di intervenire per educare ed istruire bambini diversi e più curisoi, dovevano essere capaci di lavorare insieme e di affinare le loro caacità di riflessione adulta, per non disorientare gli alunni con interventi divergenti.
A questi maestri del "team" veniva affidato il compito di far affiorare lentamente e sempre più consapevolmente i diversi quadri disciplinari, come punti di vista molteplici attraverso i quali i bambini avrebbero potuto osservare e riorganizzare la realtà.
Tutto questo abbiamo sperimentato e realizzato in questi ultimi trent'anni, quasi sempre con risulti eccellenti.
Non abbiamo ampliato il tempo scuola per venire incontro alla crisi occupazionale.
Non abbiamo sperimentato la pluralità docente per lavorare di meno e in più persone.
Fa molto male sentir dire dal nostro Ministro, come ieri è avvenuto nella trasmissione "Porta a Porta" che "...se un dovente sta in classe, altri due stanno fuori a non fare niente".
Non posiamo permetterci una scuola di eccellenza, ma costosa?
Diciamolo: non inventiamo altri motivi.
Il "pedagogista" di riferimento per il nostro Ministro è il Ministro delle Finanze.
Stupisce la leggerezza, il pressapochismo, l'ignoranza di quanti, senza la minima competenza professionale, si esprimono sull'educazione dele nuove generazioni e sulla scuola.
Tornare indietro significherà umiliare la cultura dei docenti della scuola primaria, ma, soprattutto, far regredire il Paese.
Tagliare sulla scuola di tutti è grve per la coesione sociale del nostro Paese, per la sua cultura e per il futuro dei nostri figli.
Nella nostra scuola è iniziato un movimento di protesta e mobilitazione fra docenti e genitori.
Mi auguro che lei voglia ascoltare chi la scuola la fa tutti i giorni, con passione e serietà.
Le chiedo a nome di tanti docenti di ritirare il decreto e di presentare un disegno di legge che permetta, senza l'ansia dei tempi brevi e il ricatto del voto di fiducia, di aprire un ampio dibattito in Parlamento e nel Paese tutto.
Con tanta amarezza, ma anche con la speranza che voglia accogliere il mio appello, la saluto.
Simonetta Salacone "
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